Oggi a mensa, mangiando, un ingegnere elettrico mi chiede se sono libero nel pomeriggio per accompagnarlo.
"Ora?"
"Si, finiamo la zuppa e partiamo!"
"Per dove?"
"Hvolsvöllur"
Hvolsvöllur è un piccolo paesino a 100 km a sud est di Reykjavik, ci sono già passato un paio di volte durante i miei viaggi lungo la costa sud.
Quelli che loro chiamano "paesi" qui, non hanno niente a che fare con l'idea di paese che abbiamo noi italiani.
L'argomento è stato spesso oggetto di discussione.
Anche oggi, parlando con l'ingegnere osservavo stupito l'urbanistica e la struttura del loro "Paese"
Dicevo:
"Per noi in Italia il paese si sviluppa spesso attorno ad una piazza. Di solito si ha una chiesa e il centro cittadino con i servizi. Mano a mano che si va verso l'esterno abbiamo la zona residenziale e poi la periferia"
Continuo, "Qua invece il paese spunta dal nulla dopo km tra le campagne, sono quattro case sullo stradone principale, alcune fattorie nei paraggi e un benzinaio!"
Ride.
"E' vero quello che dici! in Islanda è così."
Il termine "quattro case" ha riscosso grande successo tra i colleghi, esattamente: "bunch of houses" o "grappolo di case"
Un giorno infatti, mentre mi davano indicazioni per arrivare alle cascate, mi dissero:
"....arriverai a questo punto, dove dovrai attraversare un paese..."
Io guardo la mappa, mi giro verso di loro e dico candidamente:
"It's not a town, it's a bunch of houses!"
Hanno riso per mezz'ora e, qualche settimana dopo, dandomi nuovamente indicazioni, hanno sostituito il termine "paese" con "bunch of houses".
Mentre attraversiamo in 15 secondi il centro cittadino di Hella: una rotonda, un benzinaio e una trattoria, tanti interrogativi sulla vita quotidiana di questi abitanti sorgono inevitabilmente.
La discussione però prende un'altra piega e si sposta sull'aviazione, argomento a me molto caro.
Il mio compagno di viaggio mi racconta tutte le sue avventure o meglio disavventure con gli aerei, come quella volta che stava andando in Jamaica e l'aereo dopo un'ora è tornato indietro a Keflavik e sulla pista sono arrivati i pompieri e le ambulanze, (non riuscì mai a capire il motivo dell'atterraggio d'emergenza), oppure quell'altro viaggio su un piccolo aereo a 10 posti che faceva le virate piegandosi di 45 gradi e sembrava cadesse da un momento all'altro oppure ancora di quando tornando da Copenhagen il pilota stava atterrando e poco prima della pista ha deciso di accelerare e rialzarsi in volo per un piccolo problema ai flap.
Il commento molto pragmatico dell'ingegnere quel giorno fu: "Ok pilota, non mi importa se il tuo problema è piccolo o grande mi importa solo se riusciremo ad atterrare!"
Per ultima la disavventura tornando da Amsterdam: atterraggio sicuro nonostante il forte vento ma bloccato in aereo per 5 ore sulla pista proprio perchè il forte vento non permetteva di aprire il portellone.
Comincio a pensare che non so se ho fatto la scelta migliore a decidere di viaggiare con lui!
Gli dico che vorrei volare ad Isafjordur.
"Hai paura di volare?"
"No"
"Se hai paura, volare su Isafjordur è l'ultima cosa che ti consiglio! L'approccio a quel piccolo aeroporto è tra i più spaventosi al mondo!, Se invece non hai paura è un'esperienza che devi provare, io penso che ci andrò sempre e solo con la macchina lassù!"
"Ecco, forse tu non sei la persona più adatta per fare quel viaggio" scherzo io. "Che già è pericoloso di suo, se ti ci metti pure tu con la fortuna che hai, significa che te le vai a cercare!"
Ridiamo.
Arrivati a destinazione, entriamo nella centralina di controllo dove degli strumenti con tanti led, fili, schermini e manopole attendono le cure del buon ingegnere.
Ci raggiunge anche un elettricista.
I due lavorano, aprono i macchinari, controllano degli schemi sui fogli, staccano fili, svitano, avvitano, chiudono e riaprono.
Durante queste fasi l'ingegnere mi spiega qualcosa, tipo che quello è un controllo di routine a distanza di un anno dall'istallazione e che hanno trovato un piccolo problema perchè ad aprile probabilmente un uccellino ha toccato i cavi e c'è stata un'anomaila.
Io intanto mi aggiro per la stanza, guardo gli interruttori e le manopole, con un grosso punto interrogativo stampato sulla faccia. Le vorrei girare tutte e vedere cosa capita, ma non sono li per quello e mi devo trattenere!
Qualcosa la capisco anche da solo, ma proprio "qualcosa".
Dopo circa un'ora e mezza di lavoro siamo di nuovo sulla strada del ritorno, stavolta la nostra discussione riguarda il suo viaggio in Etiopia e le fonti di reddito dell'Islanda che riassumendole sono tre: pesce, lavorazione dell'alluminio e turismo.
Ad un certo punto una macchina dalla corsia opposta, incrociandoci, lampeggia i fari.
Lui che guida si affretta a controllare se i nostri fari sono accesi.
I fari sono accesi.
Poco più avanti, parcheggiata su una piazzola vediamo una macchina della polizia.
"Ah ecco perchè faceva i fari" dice lui.
"Si forse hanno l'autovelox" aggiungo io.
"Perchè, perchè perchè!?" si mette a dire sbattendo le mani sul volante, "Perchè lo devono fare?"
"Beh forse ci consigliavano di ridurre la velocità perchè c'era la polizia"- tento di spiegargli io!
"E Quindi?"
"No quindi niente, ci avvertivano!" Continuo, un po' perplesso.
"Ma perchè lo devono fare? è stupido. E' una cosa che non capisco, se io vado forte voglio avere la possibilità di essere multato. VOGLIO LA MULTA SE VADO FORTE."
"Andare forte è molto pericoloso e quindi se lo faccio è giusto che io prenda la multa, loro non mi devono fare i fari. E poi io andavo a 90" (limite sulle strade extraurbane).
Un po' imbarazzato, mi trovo per l'ennesima volta spiazzato di fronte a questo modo di pensare...
Gli dico che è giusto come dice lui, ammetto che è molto diverso dalla nostra mentalità, quante volte anche io ho fatto i fari per avvisare della polizia, e quante volte altre persone hanno avvisato me e io gli sono stato grato.
Qui gli schemi sono un po' ribaltati, il problema è visto da un'altra prospettiva, è tutto diverso. Mi trovo quasi in difficoltà.
E' disarmante il discorso che mi ha appena fatto.
Noi vediamo la polizia come qualcuno a cui sfuggire facendo i fari, qui la polizia FA i fari.
Pochi giorni fa, tornando da un viaggio, correvo sulla strada extraurbana a 120km/h.
30 km/h oltre il limite.
Un'auto in lontananza mi faceva i fari, pensavo fosse un'automobilista complice ma quando ci siamo avvicinati ho visto che si trattava di un'auto della polizia e l'agente con la mano mi ha solo fatto il cenno di rallentare.
Niente multa, niente paletta, niente inseguimenti, niente fotografia.
Solo un cenno con la mano, come fosse un'amico.
Da quel momento non ho più superato i 90.
Ecco forse tutto questo spiega come mai, dall'inizio del 2012, in tutta l'isola ci siano stati solo 7 morti dovuti ad incidenti stradali
Questo dato è ben raffigurato da un'istallazione che non lascia spazio all'immaginazione.
Si trova appena fuori dalla città, lungo lo stradone con il limite dei 90, che attraversa le campagne e i "bunch of houses" percorrendo in cerchio il perimetro dell'isola.
HAI ALLACCIATO LA CINTURA?
CI ANDRO'.

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